CESSIONE DEL CREDITO: LA G.U. QUALE PROVA DELLA LEGITTIMAZIONE ATTIVA DELLA CESSIONARIA.
FIDEIUSSIONE A PRIMA RICHIESTA: INAPPLICABILITÀ DELL’ART. 1957 C.C.
Trib. Pescara, sent. 30.05.2022, Dott. Ria
La sentenza in parola affronta contestualmente diverse tematiche afferenti le controversie bancarie, in particolar modo: la legittimazione o meno della cessionaria in caso di mancata notifica delle comunicazioni ex art. 1264 c.c., la nullità del contratto di fideiussione alla luce del provvedimento n. 55/2005 di Banca d’Italia e, infine, la qualificazione di contratto autonomo di garanzia.
In merito alla problematica relativa alla legittimazione o meno ad agire della cessionaria per mancata notifica delle comunicazioni ex art. 1264 c.c., il Giudicante ha ribadito che non vi è carenza di legittimazione allorquando la cessionaria provveda a produrre in giudizio l’avviso di cessione in blocco dei crediti pubblicato in G.U. e lo stesso avviso “indichi gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie, consentendo di individuare i singoli rapporti ceduti senza incertezza.
In tema infatti di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorchè gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze rapporti oggetto della cessione” (cfr. Cassazione civile sez. III, – 13/06/2019, n. 15884; Cass. 29 dicembre 2017, m. 31118).
La circostanza allora che l’avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale rechi una mera elencazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco non autorizza di per sè a ritenere che le relative indicazioni non rispecchino fedelmente quelle contenute nell’atto di cessione, in quanto per la validità della cessione dei crediti in blocco “non è affatto necessaria una specifica enumerazione dei rapporti ceduti”, essendo sufficiente che ricorrano gli “elementi comuni” che consentano di individuare senza incertezze rapporti oggetto della cessione, entro cui ricondurre poi il rapporto di cessione de quo (da ultimo sul punto si veda anche Tribunale di Napoli, 30 ottobre 2020, n. 7225 – G.U. Vassallo).
È dunque necessario, ma sufficiente, che i crediti ceduti siano individuabili, anche mediante il ricorso a criteri negativi o a dati numerici o temporali (cfr. Cass. nn. 15884/2019 e 17110/2019; Cass. n. 4334/2020).
La stessa Suprema Corte sul punto ha chiarito che “ a tal fine, è prevista anche l’emanazione di istruzioni da parte della Banca d’Italia, la quale, nell’esercitare il relativo potere, ha confermato che per “rapporti giuridici individuabili in blocco” devono intendersi “i crediti, i debiti e i contratti che presentano un comune elemento distintivo”, chiarendo che lo stesso “può rinvenirsi, ad esempio, nella forma tecnica, nei settori economici di destinazione, nella tipologia della controparte, nell’area territoriale e in qualunque altro elemento comune che consenta l’individuazione del complesso dei rapporti ceduti” (cfr. circolare n. 229 del 21 aprile 1999)”.
Ne consegue che non occorre una specifica enumerazione dei singoli rapporti, essendo sufficiente che gli elementi comuni indicati consentano l’esatta individuazione dei crediti ceduti, anche mediante ricorso a criteri negativi o a dati numerici o temporali”.
Inoltre, con riferimento alla pretesa nullità della fideiussione stipulata conformemente al modello ABI censurato dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005, il Giudice ha evidenziato quanto segue.
In primis, la nullità per contrarietà alla normativa antitrust dell’intesa a monte non travolge l’intera fideiussione, ma solamente le singole clausole ritenute abusive dal provvedimento, con la conseguenza che, “in applicazione del generale principio ex art. 1419 c.c., il contratto di garanzia non può dirsi interamente nullo, in quanto è di tutta evidenza che la banca lo avrebbe comunque concluso, qualsiasi garanzia essendo migliore della mancanza di garanzia, né l’opponente che ha prestato fideiussione ha allegato ragioni per cui l’assenza di clausole lo avrebbero dovuto indurre a non stipulare i negozi in questione”.
In conclusione, la nullità dell’intero contratto a valle deve essere oggetto di valutazione discrezionale del giudice adito alla stregua degli artt. 1218 c.c. e ss., ben potendo trovare applicazione la regola della nullità parziale che consentirebbe di mantenere in vita la garanzia fideiussoria, con esclusione delle sole clausole contrarie alla normativa antitrust.
Inoltre “l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, essendo tale clausola incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale, nella specie non rinvenibile.
E’ noto che al contratto autonomo di garanzia, in difetto di diversa previsione da parte dei contraenti, non si applica la norma di cui all’art. 1957 cod. civ…. atteso che su tale norma si fonda l’accessorietà dell’obbligazione fideiussoria, instaurando essa un collegamento tra la scadenza dell’obbligazione di garanzia e quella dell’obbligazione principale.
L’autonomia del rapporto tra il garante ed il creditore beneficiario giustifica altresì l’inopponibilità da parte del garante della nullità di un patto relativo al rapporto fondamentale, “salvo che essa dipenda da contrarietà a norme imperative o dall’illiceità della causa e che, attraverso il medesimo contratto autonomo, si intenda assicurare il risultato vietato dall’ordinamento.
Più in generale, nel contratto autonomo di garanzia il garante non ha facoltà di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale ed è conseguente precluso al “debitore”…chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale…”.
Il garante potrà per contro sollevare nei confronti del creditore eccezioni fondate sul contratto di garanzia.”
La sentenza conclude infine enunciando il seguente principio: “Ove allora le parti abbiano convenuto che il pagamento debba avvenire “a prima richiesta”, l’eventuale rinvio pattizio alla previsione della clausola di decadenza di cui all’art. 1957, comma I, c.c., deve intendersi riferito – giusta l’applicazione del criterio ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c. – esclusivamente al termine semestrale indicato dalla predetta disposizione; pertanto, deve ritenersi sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, secondo la tradizionale esegesi della norma, atteso che, diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare “a prima richiesta “l’adempimento subordinato all’esercizio di una azione in giudizio.
Come risulta allora dall’esame dell’incarto, già con la comunicazione del 18.01.2012 la Banca contestualmente recedeva dal rapporto e chiedeva sia al debitore principale che al garante il pagamento del saldo”.
Veniva quindi rigettata l’opposizione al decreto ingiuntivo che veniva dichiarato definitivamente esecutivo.
A cura di: Taisia Tini