L’AVVISO DI CESSIONE PUBBLICATO IN GAZZETTA UFFICIALE. LA MANCATA ISCRIZIONE ALL’ALBO DI CUI ALL’ART. 106 TUB DA PARTE DEL CESSIONARIO.

Tribunale di Pescara, G.E. Dott.ssa Colantonio, ordinanza del 20/09/2023.

Con ordinanza del 20/09/2023, il G.E. ha affrontato il tema della prova della titolarità del credito in capo al cessionario, nonché della mancata iscrizione all’albo di cui all’art. 106 TUB del medesimo.

La controversia ha origine da un’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cpc proposta dal cessionario, avverso l’ordinanza adottata precedentemente dal G.E. con cui quest’ultima ha dichiarato l’improseguibilità dell’esecuzione ed ordinato la cancellazione della trascrizione del pignoramento.

E ciò dopo aver riscontrato la tardività dell’opposizione ex art. 615 cpc proposta dal debitore e rilevato, d’ufficio, il difetto di titolarità del credito in capo al credito intervenuto ex art. 111 cpc.

Il G.E., pertanto, a seguito dell’opposizione agli atti esecutivi e visto l’art. 618 cpc comma II, ha revocato la dichiarazione d’improseguibilità dell’esecuzione e l’ordine di cancellazione della trascrizione del pignoramento.

Tuttavia, avverso quest’ultima ordinanza, il debitore ha proposto a sua volta opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cpc, chiedendo la sospensione dell’esecuzione, ed eccependo, in particolare, il difetto di legittimazione attiva del cessionario.

Il Giudicante, prima di entrare nel merito, ha esaminato l’eccezione sollevata dal cessionario di inammissibilità/improponibilità di quest’ultima opposizione ex art. 617 cpc dovendo essere esperito, avverso l’ordinanza del G.E., il reclamo ex art. 669 terdecies cpc.

A tal proposito, il Giudicante ha richiamato l’orientamento espresso dalla S.C. con le sentenze n. 2353/2017 e n. 37751/2022, per cui è ammissibile il ricorso all’opposizione ex art. 617 cpc quale mezzo di impugnazione avverso un’ordinanza, solo allorquando con la stessa il G.E., oltre a risolvere l’incidente sommario cui è chiamato ai sensi degli artt. 627 comma 2 e 618 cpc, abbia contestualmente, e quindi con un provvedimento formalmente unico ma sostanzialmente distinto, adottato la revoca o la modifica della propria precedente ordinanza ai sensi dell’art. 487 cpc.

E difatti nel caso in esame, con l’ordinanza impugnata, il G.E. ha revocato, ex art. 487 cpc, la precedente ordinanza con la quale era stata dichiarata l’improcedibilità dell’esecuzione, disponendo per il prosieguo.

Nel merito, invece, il Giudice ha rigettato l’eccezione relativa al difetto di legittimazione attiva, partendo da una premessa: la necessità di dover distinguere il caso di contestazione dell’esistenza del contratto di cessione in sé dal caso di contestazione dell’inclusione dello specifico credito controverso nell’ambito di quelli rientranti nell’operazione conclusa dagli istituti bancari.

In quest’ultima ipotesi, infatti, “l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, può ben costituire adeguata prova dell’avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione, laddove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete”. Pertanto, non essendovi dubbi circa l’esistenza del contratto di cessione, quest’ultimo non deve essere affatto dimostrato, ponendosi al di fuori del thema probandum.

In conclusione, al fine di provare l’esatta corrispondenza tra le caratteristiche del credito controverso e quelle che individuano i crediti oggetto della cessione in blocco, “le indicazioni contenute nell’avviso di cessione dei crediti in blocco pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in relazione ad una operazione da ritenersi certamente esistente in quanto non contestata, possono ben essere valutare al fine di verificare se esse consentono o meno di ricondurre con certezza il credito di cui si controverte tra quelli trasferiti in blocco al preteso cessionario”; di conseguenza, solo ove tali indicazioni non siano sufficienti a ricondurre il credito a detta cessione, sarà necessaria la produzione del contratto di cessione o, in ogni caso, fornire la prova della cessione in altro modo.

Nel caso in cui, invece, oggetto di contestazione sia la stessa esistenza del contratto (come nel caso di specie), ai fini della prova, non è da sola sufficiente la mera dichiarazione della parte cessionaria.

Ciò non esclude che detta prova possa essere fornita con ogni mezzo e, pertanto, anche mediante ricorso a presunzioni. Ne consegue che l’avviso di cessione pubblicato sulla G.U., unitamente ad altri elementi, può essere valutato come indizio dal giudice del merito.

Nel caso in questione, plurimi elementi, valutati complessivamente, concorrono a far ritenere più che verosimile l’esistenza della cessione, e tra questi:

  • Il fatto che la documentazione contrattuale originaria fosse nella disponibilità del cessionario;
  • Le caratteristiche del credito in esame coincidono pienamente con la descrizione fornita nell’avviso di cessione pubblicato in G.U.;
  • La dichiarazione della banca cedente nella quale si fa presente che nei rapporti oggetti di cessione in blocco sono inclusi anche quelli vantati nei confronti dell’odierno debitore.

Per ciò che concerne la doglianza relativa alla mancata iscrizione all’albo di cui all’art. 106 TUB del cessionario, il G.E. ha rilevato che nell’ambito delle cartolarizzazioni aventi ad oggetto attivi derivanti da aperture di credito, anche regolate in conto corrente, l’SPV può delegare la gestione del portafoglio cartolarizzato e i poteri di cui all’art. 4, comma 4 ter della L. 130/1999, esclusivamente a banche ed intermediari finanziari iscritti nell’albo di cui all’art. 106 TUB.

Tuttavia, una simile previsione non sussiste in merito all’attività di recupero crediti derivanti da finanziamenti ipotecari, come nel caso in esame.

Ne consegue che la SPV può delegare tale attività anche a soggetti terzi non iscritti a tale albo, qualora attengano a contratti di mutuo ipotecario, mediante ricorso all’istituto di portata generale della rappresentanza processuale di cui all’art. 77 cpc, come avvenuto nella specie.

A cura di: Taisia Tini